SOSTENIBILITÀ DIGITALE: UN’ALLEANZA PER IMMAGINARE IL FUTURO
L’industria IT rappresenta il 3% delle emissioni mondiali di CO2, ed è il terzo maggior consumatore di elettricità al mondo. Inoltre, I dispositivi tecnologici richiedono, per essere realizzati, materiali rari e metalli che riducono le risorse e creano problemi di smaltimento e sicurezza.
Quindi, la tecnologia è buona oppure cattiva?
Di per sé, essa non è né buona né cattiva, ma è in grado, comunque, di produrre effetti che potrebbero prendere una di queste due direzioni. Il fenomeno, conosciuto come “trasformazione digitale”, è capace di mutare la natura profonda dei processi e di come vengono svolte le azioni oggigiorno. È un cambiamento che interessa le persone, l’ambiente, la società, la cultura e l’economia. In questi anni di cambiamento è fondamentale interrogarsi principalmente sugli impatti negativi per minimizzarli, ma anche su quelli positivi per valorizzarli. Il nostro compito è quello di contribuire a scegliere una giusta direzione, in modo da orientarne gli sviluppi e produrre impatti positivi sulla società; ovvero arrivare alla creazione di una società sostenibile, seguendo i criteri definiti dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Per questa ragione il tema della “sostenibilità digitale” assume tutta la sua rilevanza. Ma di cosa si tratta? Stefano Epifani, docente di Internet Studies alla Sapienza di Roma e presidente del Digital Transformation Institute, nel suo libro “Sostenibilità digitale” ci spiega che:
“la sostenibilità digitale è quella sostenibilità che definisce le modalità con cui si dovrà sviluppare la tecnologia digitale affinché contribuisca alla creazione di un mondo migliore, sia rispetto alla sua natura, sia rispetto al suo ruolo strumentale verso ambiente, economia e società.“
La cosa importante secondo Epifani è che “a definire cosa diventeranno le cose e, con esse, la società, non saranno le tecnologie, ma come l’uomo deciderà di implementarle. È questa, in sostanza, la sostenibilità digitale. Ci troviamo, oggi, di fronte a una responsabilità che riguarda le istituzioni così come i singoli individui: fare scelte che impatteranno sul futuro del mondo.”
Scelte che si possono attuare grazie alla crescente sensibilità da parte delle persone. Un recente sondaggio del World Economic Forum realizzato con l’istituto Ipsos, su oltre 21mila adulti, ha messo in luce che l’86% desidera che il mondo si trasformi nettamente e diventi più giusto e sostenibile. A questa sensibilità possiamo unire l’alta attenzione che sta emergendo a livello politico internazionale; basti citare il “Next Generation Eu”, lo strumento per la ripartenza post-Covid che punta proprio su green e digitale.
Uno strumento che si pone l’obiettivo di alzare lo sguardo verso il futuro con la consapevolezza che insieme all’emergenza sanitaria, l’urgenza più grande è e sarà la tutela del Pianeta e la conservazione delle risorse naturali. Il cambiamento climatico e l’impoverimento delle risorse, l’acqua in primis, mettono a rischio la sopravvivenza di tutte le specie naturali e mettono in discussione i modelli di vita e di consumo che abbiamo adottato come “normali” negli ultimi decenni. Non solo: pesano sulla crescita economica e sulla stabilità finanziaria, minano la tenuta delle democrazie, ampliano la forbice delle diseguaglianze, minacciano il benessere di ampie fasce della popolazione, soprattutto quelle più fragili.
Una delle risposte per affrontare queste sfide risiede nella capacità di conciliare l’innovazione tecnologica con la tutela dell’ambiente. Il digitale può rappresentare un grande alleato della sostenibilità (ambientale, economica, sociale). Pensiamo ad esempio alle smart city, o al settore agroalimentare, con le centinaia di start up impegnate nella ricerca di nuove soluzioni per ridurre gli sprechi e adottare modelli di economia circolare che puntino alla sostenibilità sociale e ambientale. Esistono, inoltre, tanti modi per utilizzare Internet e le sue applicazioni per generare impatti ambientali e sociali positivi. È quello che fa, per esempio, LO3 Energy, una start up americana che facilita la produzione e lo scambio di energia pulita attraverso la blockchain, una tecnologia che annota e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete. Un altro esempio è il motore di ricerca Ecosia, che utilizza i profitti generati dalle ricerche degli utenti per piantare alberi. Molti altri casi potrebbero essere citati. Secondo la Global e-Sustainability Initiative (GESI) la tecnologia ha il potenziale di contribuire a tutti i 17 obiettivi Onu per lo Sviluppo sostenibile entro il 2023, raggiungibili solo se Stati, ONG, cittadini e aziende collaboreranno e adotteranno comportamenti corretti.
La consapevolezza di come le nuove tecnologie possano dare un aiuto concreto al raggiungimento della sostenibilità ambientale lo conferma anche la ricerca appena pubblicata “Le sfide della sostenibilità digitale” realizzata da Ipsos e commissionata da Maker Faire Rome e UniCredit. Secondo lo studio un concreto aiuto per ridurre l’impatto ambientale arriva dalla diffusione dello smart working (abbastanza o molto alto per il 95% degli intervistati), direttamente connesso allo sviluppo ed uso di nuovi strumenti digitali per la collaborazione e la comunicazione, e dall’Internet of Things capace di ridurre i consumi elettrici domestici per il 90% degli intervistati. Anche all’Intelligenza Artificiale è stato assegnato un ruolo chiave nell’affrontare le sfide della rivoluzione green: secondo l’86% degli intervistati l’Intelligenza Artificiale ha un impatto abbastanza alto o molto alto nel ridurre l’uso delle risorse, percentuale che scende all’84% nello sviluppo dell’economia circolare e al 79% nel ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura.
In questo contesto, anche la finanza SRI (Sustainable and Responsible Investment) può fare la differenza. Gli investitori attenti alle tematiche ambientali e sociali possono promuovere una maggior sostenibilità del settore dell’ICT, per esempio, finanziando le applicazioni “green” più innovative o avviando iniziative di engagement con le società del settore affinché si impegnino a puntare a una riconversione dei processi di produzione e dei sistemi di erogazione dei servizi per minimizzarne gli impatti ambientali negativi. In sostanza, per concretizzare questo cambiamento e contribuire a uno sviluppo positivo, è necessario scegliere accuratamente in che direzione andare. In questo processo è fondamentale non dimenticare che a usare gli strumenti tecnologici siamo noi e che il bene e il male non sono nelle tecnologie. Il bene o il male risiedono nella visione di società che decidiamo di sposare, rispetto alla quale le tecnologie devono essere uno strumento attuativo. Guardare alle tecnologie come strumenti necessari per costruire una società migliore: solo così possiamo uscire dall’impasse che ha reso negli ultimi anni qualsiasi dibattito sulla trasformazione digitale così difficile e complesso. Spetta ora ai governi tenere fede agli impegni presi e dispiegare le necessarie risorse, ma anche le imprese e i cittadini devono contribuire e mostrare il proprio impegno nella causa. L’economia del futuro si farà coniugando innovazione tecnologica, sostenibilità, responsabilità sociale e inclusione. Non dimentichiamolo.