Ogni crisi può anche essere evolutiva
Il concetto di crisi si è diffuso nel XX secolo a tutti i livelli della coscienza contemporanea. Ma questo concetto, generalizzandosi, si è come svuotato di significato. Per i greci la parola crisi (Krisis) corrispondeva al momento in cui è possibile formulare la diagnosi di una malattia. La crisi implica che il dispositivo di regolazione non funziona più correttamente e che è apparsa un’anomalia nel normale corso degli eventi e delle cose. Una crisi porta dunque con sé potenzialità negative di regressione e potenzialità positive che, grazie all’immaginazione creatrice, possono consentire di trovare nuove soluzioni.
Come evidenziato dal sociologo, nonché una tra le figure più prestigiose della cultura contemporanea, Edgar Morin: la crisi può risolversi con il ritorno allo statu quo, oppure scatenare la ricerca di soluzioni nuove, e queste possono essere sia immaginarie, mitologiche o magiche, sia, al contrario, pratiche e creatrici. Così la crisi è potenzialmente generatrice di illusioni e/o di attività inventive. Più in generale, può essere fonte di progresso (soluzione nuova, che sorpassa le contraddizioni o double-binds, aumentando la complessità del sistema) e/o fonte di regressione (soluzione al di là delle contraddizioni che riporta il sistema a uno stato di minore complessità).
Il concetto di sistema, cioè di insieme organizzato dall’interrelazione dei suoi componenti, deve fare necessariamente appello all’idea di antagonismo.
Affinché un sistema possa formarsi ed esistere, bisogna che i costituenti di ogni insieme, per loro natura o in virtù delle leggi che li regolano, siano suscettibili di avvicinarsi e nello stesso tempo di escludersi, di attirarsi e di respingersi, di associarsi e di dissociarsi, di integrarsi e di disintegrarsi. (S. Lupasco)
A differenza degli equilibri termodinamici, caratterizzati da omogeneizzazione e disordine, gli equilibri delle organizzazioni sono equilibri di forze antagoniste. Le complementarità sistemiche sono indissociabili dagli antagonismi. C’è dunque un legame ambivalente, a livello cibernetico, tra complementarità e antagonismo. Questo legame è di natura organizzativa.
Non è possibile concepire un’organizzazione senza antagonismo, benché questo antagonismo porti con sé, potenzialmente, e prima o poi inevitabilmente, la rovina e la disintegrazione del sistema. Nessun sistema, nemmeno il più statico, il più rigido, il più chiuso, è al riparo da questa disintegrazione.
Il che significa che ogni sistema è condannato a perire. L’unico modo per lottare contro la disintegrazione è:
- integrare e utilizzare il più possibile gli antagonismi in modo organizzativo;
- rinnovare energia e organizzazione attingendole dall’ambiente (sistema aperto);
- autoriprodursi in modo che il tasso di riproduzione sia superiore a quello di degradazione;
- essere capace di riorganizzarsi e difendersi in modo autonomo.
Nei sistemi cibernetici, le potenzialità disorganizzative e le potenzialità organizzative sono le due facce di Giano. Ad ogni grado di potenzialità più elevato di organizzazione, corrispondono nuove potenzialità di disorganizzazione. Le relazioni concorrenti e antagoniste sono fondamentali nella costituzione stessa degli ecosistemi. Non c’è organizzazione senza anti-organizzazione, quantomeno potenziale. (Edgar Morin)
Più interessanti delle perturbazioni che si manifestano all’origine delle crisi, sono le perturbazioni suscitate da processi apparentemente non perturbatori. Spesso, tali processi appaiono sotto forma di crescita troppo grande o troppo rapida di un valore o di una variabile rispetto agli altri. L’aumento quantitativo crea un fenomeno di sovraccarico: il sistema diventa incapace di risolvere problemi che risolveva entro una certa soglia. Dovrebbe potersi trasformare, Ma non riesce a concepire o effettuare una tale trasformazione. Oppure la crisi nasce da una situazione di double-bind, cioè di doppio vincolo in cui il sistema chiamato a soddisfare due esigenze opposte è paralizzato, perturbato e deregolato.
Il carattere incerto e il carattere ambiguo della crisi rendono il suo esito imprevedibile. Esso può risolversi in:
- una regressione; il sistema perde la sua complessità, la sua flessibilità. La regressione si manifesta il più delle volte attraverso la perdita delle qualità più ricche, delle libertà, che sono al contempo i caratteri più fragili e più recenti e attraverso il consolidamento delle strutture più primitive e più rigide.
- una progressione; il sistema acquisisce qualità e proprietà nuove, ovvero una complessità più grande.
La crisi non è necessariamente evolutiva. Può essere riassorbita in un ritorno allo statu quo. Ma lo è potenzialmente. Porta con sé, allo stato embrionale, i caratteri dell’evoluzione. Per capire questa cosa, bisogna disfarsi una volta per tutte dell’idea che l’evoluzione sia un processo-fiume, a senso unico e continuo.
Introdurre l’incertezza, l’alea e l’ambiguità nel concetto di crisi non è una regressione teorica, ma, come è accaduto ovunque siano emerse incertezza e ambiguità, è una regressione della conoscenza semplice, della teoria semplice, in vista di una progressione della conoscenza complessa e della teoria complessa.
Risulta strano che la crisi resti un concetto tanto grezzo e vuoto invece di risvegliare, addormenta le coscienze.