Il bunsens manager: il futuro e il fulcro dell’ organizzazione

I miei nonni avevano vissuto la Prima guerra mondiale da ragazzini (nonno Mario in realtà era stato anche in trincea), la cosiddetta “spagnola”, poi la Seconda guerra mondiale e una innumerevole quantità di difficoltà per noi, oggi, inimmaginabili. Subìte e poi gestite situazioni molto al di sopra delle loro possibilità di “governo”. Ricordo, quando io ero bambino, che utilizzavano molto spesso alcune parole. Una di queste, in rigoroso dialetto torinese, era buonsenso o buon senso. Bunsens. “Ci va un po’ di buonsenso nel fare le cose”. Rispettosi delle regole e dei principi del vivere comune, avevano poi trasferito alla generazione successiva, quella dei miei genitori per intenderci, questo principio di comportamento e di orientamento, di gestione. Ho l’impressione che questa “forma di equilibrata adesione alla realtà” si sia però persa nel corso degli anni. Che si sia perso il valore del buonsenso. Cosa sia il buon senso non è facile da spiegare. Molte le definizioni. Tra le tante quella che preferisco è questa: capacità naturale dell’individuo di valutare e distinguere il logico dall’illogico, l’opportuno dall’inopportuno, e di comportarsi in modo giusto, saggio ed equilibrato, in funzione dei risultati pratici da conseguire. – Dizionari La Repubblica.

Se portiamo questa definizione all’interno delle organizzazioni, credo che mai come oggi ci sia la necessità di recuperare il buonsenso (preferisco la forma che unifica le due parti della parola). Da parte di tutti, a tutti i livelli della piramide organizzativa. Ed in particolare a livello manageriale.

Il Bunsens manager. 

Abbiamo imparato finalmente, scardinando convinzioni che diventano cultura e prassi operativa, che il manager deve essere gentile. Che la gentilezza è una forza e un valore, una condizione dell’essere e uno strumento per raggiungere risultati e obiettivi, che la gentilezza libera tempo e produce coesione, fiducia, produttività. Ebitda. Bene. Il prossimo traguardo sarà il manager del buonsenso. In un mondo in cui tutto cambia ad una velocità mai sperimentata fino ad ora, è molto limitante e pericoloso affidarsi a rigide regole, procedure, protocolli. Certo utili e molto rassicuranti. Per chi li emana e per chi ci si attiene. Validi magari oggi ma non domani… Certo per le persone e per i gestori in generale, come dicevo, è molto rassicurante affermare “ho applicato la procedura” e lavarsene le mani. Alcune organizzazioni, enti e istituzionicontinuano a provare a dare ordine ad uno scenario costantemente in mutamento emanando procedure sempre più rigide, sempre più dettagliate provando a prevedere e anticipare tutti i casi possibili in cui …, con regole uguali per tutti (niente di più sbagliato). Ognuno poi attento a guardare se il vicino di postazione o di ufficio le rispetta più o meno di me. O se il suo capo è più rigido del mio. 

E quindi? Quindi anarchia? Ognuno fa come vuole? Neanche per sogno. Quindi abbiamo necessità di avere linee guida, indirizzi, riferimenti. Certamente anche regole e procedure specialmente in settori specifici (sicurezza, salute, ecc.). E poi, soprattutto, tanto buonsenso nell’applicarle, nel rispettarle o nel valutare che non sono più logiche, che sono diventate inopportune e che per raggiungere un obiettivo, in modo saggio ed equilibrato, si debbono superare. Assumendosene la responsabilità. Certo il discorso ci porta lontano, ai temi della cultura organizzativa, del senso di responsabilità, dell’ascolto, dell’imparare sbagliando, ecc. Quale potrebbe essere quindi il profilo del futuro Bunsens Manager?

Dando per scontate le competenze tecniche necessarie all’esercizio del ruolo (ci mancherebbe altro), il Bunsens Manager dovrà possedere: capacità di leggere il contesto socioeconomico in cui è immersa l’organizzazione, atteggiamento vincente e orientato al team, grande senso di responsabilità e coraggio, desiderio di imparare ogni giorno, ascolto attivo. E poi il piacere di mettere in risalto ed elogiare i componenti del proprio team. Strumenti indispensabili per raggiungere “in modo giusto, saggio ed equilibrato, i risultati pratici da conseguire”.

E come lo misuro il buonsenso? Con un po’ di buonsenso mi verrebbe da dire. E, andando oltre la facile battuta, probabilmente rinunciando a voler misurare tutto in modo rigido (in particolare le competenze soft), ma osservando le decisioni prese e soprattutto le conseguenze ottenute al di là della applicazione di procedure e regole ed accettando un po’ di sana soggettività. Il capo o ancora meglio il “capetto” che esercita la sua autorità in piena conformità e direttività con regole e procedure nell’attuale contesto (si pensi alla pandemia, al lavoro agile, ai nuovi valori emergenti) sta per finire la propria funzione. Per sempre.

Allora occorrerà scoprire, allenare, promuovere e sostenere chi è dotato di questa capacità (?)dote (?) attitudine (?) e anticipare i tempi. Il Bunsens Manager è alle porte.

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